Una fotografia è la custodia di un momento, di un’emozione.
Affinché possa davvero raccontare qualcosa di te è importante che “scatti” anche un’empatia tra chi è davanti e chi invece si trova dietro l’obiettivo.
Io e Anna non ci conoscevamo: ci siamo date appuntamento un sabato mattina di febbraio, animate dalla voglia di sperimentare, accolte dalla luce della Torino d’inverno.
Desideravo delle fotografie che mettessero in luce la mia parte più naturale, autentica. Degli scatti che potessero danzare insieme alla mia scrittura, che mettessero in luce le storie che amo raccontare.
Anche Anna ed io, ci siamo “raccontate” in modo spontaneo, io parlavo e lei scattava. Ci scoprivamo e nello stesso tempo scoprivamo angoli incantati della nostra città: la fotografia ti insegna a cambiare prospettiva, ad osservarti con occhi differenti; a cogliere i dettagli di qualcosa che magari è sempre stata lì, davanti ai tuoi occhi, ma tu non hai mai visto prima.
La seconda, in bianco e nero, è più malinconica e intensa è quella che mostra il profilo e quello della Mole: mi ricordo il portone da cui eravamo entrate, la mia esitazione per i muri scrostati, per qualche bottiglia vuota abbandonata sulle scale. Ma Anna sorrideva e allora l’ho fatto anche io.
Lasciarsi fotografare vuol dire fidarsi.
Ho visto la finestra: entrava una luce calda che avvolgeva tutto quello che stavo vedendo: i tetti, il cortile, il profilo della Mole. Mi è entrata dentro quella luce. Ha illuminato l’attimo e aperto un’altra prospettiva, un’altra dimensione. Anna ha scattato.
Saper fotografare per me vuol dire questo: cogliere la bellezza nell’inaspettato. Monica Coppola.
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